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05 Nov

Fenomenologia del quotidiano digitale

Pubblicato da Giorgio Fontana  - Tags:  tecnologia, cultura, digitale, diritti

Fenomenologia del quotidiano digitale
Che si usino o meno i media digitali, il problema della loro pervasività non è indifferente.
A differenza dei vecchi media, radio, cinema, stampa, fotografia, televisione la comunicazione mediata dal computer non viene scelta ma è imposta.
Comincia dall'accensione del cellulare e finisce con il suo spegnimento.
Negli interstizi del quotidiano, segni, rappresentazioni, messaggi, segnali, flussi sono per la maggior parte digitali e mediati da strumenti interattivi che si illuminano nelle scelte, ci impongono i loro ritmi, ci sincronizzano con il tempo e lo spazio.
Tempo e spazio che sono sempre meno i nostri, biologici, e sempre di più quelli di un'intelligenza connessa o connettibile.

Oggi il nuovo eremita è quello che non dispone scientemente della tecnologia.
Per scelta o per mancanza di cultura tecnologica.
Per motivi consci decide di imporsi al mainstream e percorre strade periferiche, sempre di più in una solitudine umana e culturale.
Se venti anni fa l'uso delle tecnologie digitali era una bizzarria di pochi esseri strani e incomprensibili, oggi la bizzarria è non avere il cellulare e non avere una casella di posta elettronica.
In due decenni si sono capovolte antropologia e abitudini, è cambiata la percezione di quello che è normale, normalizzato, normato.
Sacche di resistenza si trovano ancora nella burocrazia, in quegli ambiti in cui la persona cerca di opporsi alla logica booleana, del vero/falso, reale/non reale, on/off con quell'unico strumento che la programmazione basata sulla non contraddizione, quella digitale, appunto, non ha possibilità alcuna di scardinare.
La burocrazia che governa le leggi delle contraddizioni è ferocemente umana e si oppone alla governance mediata dalla logica elaborativa con la forza intrinseca del non senso.
Ci salverà il non senso, resterà la contradddizione umana come unica potente risorsa per restare umani?
 
Al di là della provocazione paradossale, credo sia importante, vivendo su questo piano inclinato nell'era tecnologica, provare a comprendere se stiamo gestendo correttamente l'esodo umano verso la delega alle macchine di molti dei nostri attributi vitali.

La gestione della memoria,la produzione del ricordo e dell'oblio.
Il potere di fare scelte intime e personale, senza che siano mediate da informazioni imposte da algoritmi e analisi di big data.
La necessità di conoscere e informarci, in modo consapevole e trasparente.
Il diritto ad essere riconosciuti come identità biologiche e non solo come espressioni vrtuali.
Il diritto ad essere diversi e a non essere obbligati a omologarci.
Il diritto a crescere come sono cresciute tutte le passate generazioni umane ed a diventare adulti per poi scegliere lo stile di vita che ci sia più consono per cercare la felicità.